Storie Olimpiche conosciute o meno ma con il fascino dei 5 cerchi






Storie Olimpiche

Si sono chiusi ufficialmente i battenti delle Olimpiadi di Rio 2016 con tutto il suo carico di suggestioni, di molti successi, di qualche delusione, di piscine verdi, di finte rapine, di rappresentanti CIO arrestati per bagarinaggio, ma che alla fine hanno permesso a tutti gli amanti dello Sport (volutamente con la S maiuscola) di assaporare stepitii e attacchi cardiaci tifando per improbabili discipline come il badminton o la Bmx.

Noi di Zona Maglie abbiamo celebrato la chiusura con un bell’articolo sul basket, uno degli sport che si è concluso per ultimo nella rassegna olimpica, ma ci sentiamo in dovere di lasciare l’atmosfera olimpica con un articolo che va lontano dai volti famosi dei giochi a 5 cerchi, va lontano da Thorpe, dalla Cagnotto, da Gasol e altri, ma che va a ricercare storie, che voi cari amici, forse neanche conoscete, e che magari vi farà piacere consocere.

Parliamo di storie di sport olimpico che sono state quasi delle chimere e che con il passare del tempo hanno lasciato spazio, a molto altro, a tutt’altro.

Carlo Airoldi

Airoldi in versione sollevatore di pesi

Iniziamo con il parlarvi di Carlo Airoldi, atleta Lombardo di Origgio vissuto tra la metà del 1800 e gli inizi del 1900.

Carlo Airoldi fu, prima di Dorando Pietri, un fondista di primo livello con numerosi successi sia in ambito nazionale che internazionale.
Tra le gare che vinse tra il 1891 ed il 1895 si possono ricordare la Lecco-Milano, la Milano-torino e la prestigiosissima Milano-Barcellona, si avete letto bene, una durissima corsa podistica che si divideva in dodici tappe che coprivano i 1050 chilometri che separavano le due città.
Il suo rivale dell’epoca era il francese di Marsiglia Louis Ortegue al quale è legato da un episodio di sportività che ricorda un po quello occorso nella batteria dei 5000 m donne tra la statunitense D’Agostino e la neozelandese Hamblin.


Dopo un’estenuante gara, iniziata già solo per trovare i soldi per l’iscrizione, il coriaceo corridore italiano si trovò ad avere a che fare con piedi talmente gonfi quasi da non entrare nelle scarpe, ma questa situazione non lo fece desistere dall’impresa e arrivò all’ultima tappa alla pari con il rivale francese.
Nell’ultima tappa riuscì a distanziare Ortegue ormai stremato e a pochi metri dal traguardo voltatosi per controllare il distacco vide che il transalpino era in terra; si fermò, tornò indietro si caricò il collega/atleta sulle spalle e giunto al traguardo urlò alla giuria «Io sono primo: l'avversario è con me, ed è secondo!». Tale vittoria gli fruttò la cifra di circa duemila pesetas.
Detto delle difficoltà che vi erano all’epoca per ottenere fondi per gare e trasferte, Carlo Airoldi si autofinanziava praticando a livello amatoriale il sollevamento pesi e lavorando come operaio in una importante fabbrica di cioccolata.

Airoldi in versione podista

All’alba delle prime olimpiadi di Atene del 1896 Arioldi si decise a partecipare e tra l’altro con prospettive di vittoria notevoli. Naturalmente mancava il denaro necessario per il viaggio fino ad Atene.
Lo sponsor venne trovato nel direttore del famoso giornale milanese “La Bicicletta” al quale Carlo Airoldi propose di partecipare al viaggio che avrebbe attraversato l’Impero Austro-Ungarico, quello Ottomano e la Grecia permettendo al giornale di documentare il tutto giorno per giorno. Airoldi dovette quindi affrontare tappe di 70 km al giorno con partenza il 28 Febbraio 1896 alle ore 16.00 .
Nel corso dell’impresa che l’Airoldi stava tentando per raggiungere il suo sogno, riuscì anche a battere il campione di Spalato, per poi essere aggredito dagli scommettitori slavi infuriati per aver perso soldi in scommesse.
Il  31 marzo 1896 Carlo Airoldi giungeva ad Atene per scoprire che non avrebbe potuto partecipare alle Olimpiadi.
Motivo? Il premio in denaro vinto alla Milano-Barcellona che ne precludeva l’imprimatur di dilettante rendendolo un professionista, cosa che all’epoca non poteva esser ammessa.
Ovviamente i dubbi sulle vere motivazioni dell’esclusione dell’italiano erano parse ai più quasi ovvie.
Il Comitato greco aveva nell’atleta Spyridon Louis il proprio diamante e trovare Airoldi nella stessa gara avrebbe potuto portare a sconquassi non voluti. Già, siamo all prima Olimpiade e già la “politica” mieteva le sue vittime. 

Spyridon Lousi vincitore della maratona che poteva essere di Airoldi

Nonostante non fosse iscritto alla maratona, Carlo Airoldi cercò di correrla lo stesso come non iscritto nel tentativo di dimostrare di essere il migliore; tuttavia venne fermato da un giudice di gara prima del traguardo e passò una nottata in carcere.
Amareggiato per l'esclusione, l'Airoldi lanciò una sfida al vincitore della maratona che non fu mai raccolta.
Carlo Airoldi morì di diabete nel 1929 e nessuno può sapere cosa sarebbe successo alla sua vita se avesse potuto partecipare e magari vincere la prima maratona dei giochi olimpici moderni.

Attilio Conton
Rimaniamo sempre nell’ambito della maratona, sempre sul suolo Italico e ci trasferiamo alle Olimpiadi di Amsterdam del 1928.
Ci ritrovavamo ancora una volta con un ottimo fondista, dopo Carlo Airoldi e Dorando Pietri, anche perché la concorrenza all’epoca non era come quella attuale.
Questa volta il problema non fu dovuto al professionismo o all’aiuto dei giudici, ma era da ricercare nel livello sociale del protagonista della storia.
Dopo aver vinto numerose gare a livello nazionale e internazionale, Attilio Cotton era uno dei favoriti per la vittoria della maratona Olimpica.
Il suo problema era che era analfabeta e non poteva capire le indicazioni dei segnali che erano posti lungo il percorso.
Per tutta la durata della sua gara Cotton rimase nel gruppo di testa insieme al francese di origine magrebina Boughera El Ouafi e ad altri atleti che si erano via via persi per strada, asiatici soprattutto.
Ad un certo punto Cotton fu vinto dalla fatica e si ritirò, ma purtroppo non si rese conto che i km all’arrivo erano non più di due, lasciando strada libera al franco-algerino che giunse primo con un vantaggio di circa 30” sul secondo, il cileno Plaza e di più di due minuti sul finnico Marttelin.

L’imbroglio di Onyscenko.
Siamo alle Olimpiadi di Montreal del 1976 e le premesse furono subito a tinte forti, visto che vi fu il boicottaggio di 29 paesi che non parteciparono a seguito della presenza della nazionale neozelandese di rugby che, durante l’apartheid, partecipò ad una tournèè in Sudafrica.
 Per fortuna queste olimpiadi saranno anche ricordate per le imprese di atleti del calibro della ginnasta rumena Nadia Comaneci, del corridore cubano Alberto Juantorena e del mezzofondista Lasse Viren.
Veniamo al punto, anzi veniamo a Onyscenko.
Borys Onyscenko era un pentatleta russo nato nel 1937 in Ucraina, ed era uno degli atleti più forti dell’epoca.
La complessità dell’imbroglio, per essere nel 1976, fece uno scalpore tale, che doping e scorrettezze passarono in secondo piano, per come fu orchestrato il tutto, senza che la federazione Sovietica ne fosse a conoscenza (?).
Tutto nasce dalla protesta di del capo delegazione britannico Jim Fox, dopo la sconfitta del proprio atleta, tale Adrian Parker, nella gara di scherma contro il sovietico, in merito a come venivano assegnati i punti sulle stoccate di Onyscenko.
La protesta, recepita dal direttore del torneo, l’Italiano Guido Malacarne, fu in un primo momento  sottovalutata, ma il Malacarne si prese la briga di osservare con più attenzione ciò che accadeva  nell’incontro successivo rilevando che alcune stoccate venivano assegnate anche quando la lama del sovietico rimaneva staccata dal corpo dell’avversario.
Malacarne sospese l’incontro e in un primo momento Onyscenko fece finta di non capacitarsi di cosa stesse accadendo, ma nel momento in cui gli ispettori analizzarono l’impugnatura dell’attrezzo dell’atleta dell’armata rossa, si accorsero della presenza di un pulsante all’altezza dell’impugnatura che ogni volta che veniva premuto segnalava la stoccata vincente.
L’incontro venne annullato Onyscenko fu sospeso da tutte le competizioni olimpiche e accompagnato fuori dal villaggio e rispedito a Kiev dalla delegazione Sovietica.
 
Onyschenko si cambia dopo la squalifica

Successivamente venne convocato da Leonid Breznev, sicuramente non contento della figuraccia che l’Impreso sovietico aveva fatto, che provvide a togliere ogni riconoscimento all’atleta, a multarlo di 5000 rubli ed a congedarlo dall’Armata Rossa.
Di lui nulla più si seppe, se non che si dedicò all’attività di tassista a Kiev.

Emil Zatopek, la locomotiva umana.

Emil Zatopek nasce a Koprivinice nel 1922 e a tutt’oggi considerato il più importante atleta ceco di tutti i tempi.
A metà degli anni ’40 iniziò a gareggiare come mezzofondista soprattutto nei 5000 e nei 10000 metri per poi aggiungere anche la maratona.
A guardarlo oggi con il suo fisico anonimo e non assolutamente pieno di muscolo e addominali, fa specie pensare che nell’arco della sua carriera riuscì a vincere 4 ori ed un argento olimpici ed a stabilire 18 record mondiali.

 
Zatopek all'arrivo stremato
Ma lo spirito con cui si allenava, la costanza con cui si allenava e la voglia di arrivare oltre i propri limiti ne fecero un’atleta pressochè imbattibile nelle sue discipline, un’atleta che al termine delle sue gare crollava esausto in terra e per tutto l’andare della prova emetteva dei sbuffi sonori che ne determinarono il soprannome.
Emil Zatopek venne ricordato anche per una non vittoria e ci riferiamo alle olimpiadi di Melbourne del 1956 dove arrivò a correre la maratona solo 10 giorni dopo essere stato operato per un ernia.
In quell’occasione riuscì comunque a classificarsi al 6° posto nella gara vinta dal suo storico rivale, il francese Alain Mimoun, che riuscì solo in quell’occasione a battere la Locomotiva.
Emil Zatopek era un fervente comunista e con il susseguirsi delle sue vittorie divenne il simbolo del Partito Comunista Cecoslovacco.
Ma purtroppo tutti sappiamo che le glorie sono pronte ad arrivare e altrettanto pronte a sparire e quelle di Emil sparirono con la Primavera di Praga del 1968, che lo vide sposro delle idee dell’ala democratica del Partito Comunista.
Nonostante l’importanza del personaggio a livello mondiale il Partito non ammise questo fatto e assegnò un incarico di operaio in una miniera di uranio nel nord della nazione ed in particolare a Straz Pod Ralskem facendolo sparire dai radar del paese.
Zatopek morì nel 2000 e solo nel 2012 fu inserito nella Hall of Fame delle Federazione Internazionale di Atletica Leggera.

Il Bagno di sangue di Melbourne.
Nell’edizione olimpica che vide la prima sconfitta di Zatopek contro Mimoun, si verificarono fatti che ancora una volta si incrociarono con quanto accadeva al di fuori del villaggio olimpico.
Ci riferiamo alla rivolta di Budapest del 1956, quando tra ottobre e novembre per circa 20 giorni, migliaia di cittadini ungheresi parteciparono ad una insurrezione armata che vide coinvolti studenti, cittadini, politici e militari.
Come molti di voi sapranno la rivolta si concluse con la violenta repressione dell’Armata Rossa che provocò più di 2500 morti e una diaspora che portò 250 mila persona a fuggire verso i paesi ad ovest del blocco sovietico e negli Stati Uniti.

Rivolta di Budapest

All’epoca l’Ungheria era una nazione con una forte presenza sportiva e nel medagliere di Melbourne giunse al quarto posto conquistando ben 9 medaglie d’oro.
Quella di cui vogliamo parlare e quella che vide protagonista la squadra di pallanuoto magiara.
Giunta a Melbourne senza sapere praticamente nulla di quanto stava accadendo in patria in quanto i membri della squadra vennero mandati a prepararsi in Cecoslovacchia all’inizio della rivolta.
La rivalità con l’unione Sovietica era forte anche se gli ungheresi erano nettamente più forti e la rivalità si era ulteriormente alzata a seguito di una partita giocata a Mosca alcuni mesi prima delle Olimpiadi e vinta dall’URSS favorita da un arbitraggio scandaloso. Da segnalare che prima della partita i giocatori fecero a pugni negli spogliatoi.
Naturalmente il fato gioca splendidi scherzi e l’Ungheria si ritrovò in finale con l’Unione Sovietica per l’accesso alla finale della pallanuoto.
I magiari che dopo il boicottaggio dei Regno Unito, Francia e Israele capirono che qualcosa in patria stava succedendo, decisero di far innervosire i rivali cominciando ad insultarli già prima dell’inizio della partita, come riferito successivamente dal maggior talento dell’epoca Ervin Zador.
La partita che si disputò il 6 Dicembre 1956 verrà ricordata come il “bagno di sangue di Melbourne”.
Nel corso della partita oltre agli insulti le scorrettezze sotto l’acqua diventarono incredibilmente violente, il sangue cominciò a venire fuori dopo che il sovietico Valentin Prokorov colpì Zador provocandogli una profonda ferita sotto l’occhio, dopo che lo stesso Zador insultò lui e sua madre.



Dopo tale fatto i tifosi ungheresi sostenuti da quasi tutti i presenti nel palazzetto invasero l’arena cercando i aggredire i sovietici che lasciarono il palazzetto scortati dalla polizia.
L’arbitro decretò la vittoria dei magiari che stavano conducendo 4 a 0 e nonostante l’assenza di Zador in finale riuscirono a conquistare l’oro battendo in finale la Jugoslavia per 2 a 1.
In conseguenza ai fatti di Budapest la maggior parte della squadra non tornò in Ungheria per evitare ulteriori azioni repressive messe in atto dal Partito.
Zador si trasferì negli Stati uniti dove divenne allenatore di nuoto, allenando tra gli altri il pluricampione olimpico Mark Spitz.
Nel 2006 la partita Ungheria-URSS venen raccontata da Lucy Liu e Quentin Tarantino nel documentario Freedom’s Fury.

USA vs. URSS 1972
 Parlare di episodi sportivi alle Olimpiadi di Monaco del 1972 è quasi offensivo per quanto successe e che nulla aveva a che fare con le Olimpiadi il 5 Settembre quando alcuni membri di Settembre nero rapirono e uccisero 11 membri della delegazione israeliana.

Ma siccome noi vogliamo parlare di sport facciamo riferimento ad un episodio che è rimasto nella storia e che periodicamente viene ricordato come uno dei più clamorosi della storia delle Olimpiadi.
Parliamo della finale del torneo di pallacanestro maschile tra Urss e USA che si svolse il 9 Settembre 1972.
Al contrario di quanto accade ormai da diverse edizioni che vedono gli Americani dominare in lungo e largo contro tutte le squadre che si presentano al loro cospetto, quella fu una finale combattuta punto a punto che si decise a 3 secondi dalla fine.
Tre secondi che vennero giocati ben tre volte e che suscitarono quasi un incidente internazionale e che ancora oggi gli statunitensi considerano una “vittoria rubata”.

I fatti riportano che gli Usa vincevano 50 a 49 e l’epilogo sembrava segnato quando i sovietici sbagliarono una rimessa consegnando di fatto la palla agli americani.

Fine dei giochi….anzi no!
Il tecnico sovietico Vladimir Kondrasin protestò vivacemente al tavolo degli arbitri riferendo il mancato assegnamento di un time-out. Ad 1 secondo dalla fine l’arbitro brasiliano Renato Righetto interruppe il gioco, assegnò il time-out e fece rigiocare la rimessa sovietica. L’URSS rimise la palla in campo ma allo scadere dei tre secondi nulla era successo e la partita finì….o no???
No!!!!!!
Questa volta, mentre gli americani stavano festeggiando in mezzo al campo,  intervenne il segretario generale FIBA, l’inglese Renato (anche lui) William Jones,  indicò che la rimessa doveva essere rieffettuata in quanto il cronometro non era stato riportato ai tre secondi ma era rimasto ad uno.

Gli americani festeggiano una vittoria mai arrivata

Per correttezza diciamo che il segretario generale non aveva alcun diritto di far rigiocare quella rimessa.
Ma la rimessa fu rigiocata a sul lancio a tutto campo di Ivan Edesko l’esperto Alexandr Belov, riuscì a conquistare la palla e segnare il canestro del 51 a 50 consegnando una delle medaglie d’oro più controverse alla nazionale sovietica.
 
 
Frame del tiro decisivo di Belov

 
Cronometro che ha fatto la storia

La vittoria della nazionale sovietica fu storica anche perché per la prima volta gli Stati uniti non riuscivano a vincere la medaglia d’oro nel Basket alle Olimpiadi. 
Per rappresaglia le medaglie d’argento non furono mai ritirate dai giocatori americani e rimasero nel forziere del Comitato Olimpico.
Anche queste sono storie olimpiche, storie controverse, storie che lette oggi forse fanno sorridere, ma sicuramente per i protagonisti hanno avuto un’importanza ed una rilevanza nella loro vita, tale da rimanere indelebili nel bene o nel male.
Queste sono storie che tutti si ricorderanno, queste sono storie che solo lo sport può regalare e nella speranza che le prossime Olimpiadi ne possano regalare altre chiudiamo l’argomento Olimpico di Rio 2016.
Boa Sorte a todos


Fabrizio Roscitano.



                           







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