Come diventare famosi perdendo la più importante gara delle Olimpiadi: Dorando Pietri insegna




Dorando Pietri: il perdente di successo più famoso della storia olimpica




 
Oggi affrontiamo una delle storie più toccanti nell’epopea olimpica e la ricerchiamo in casa nostra, nel fisico minuto e non particolarmente atletico di un emiliano di Correggio (RE).


Il fatto che l’ambito in cui è avvenuta la storia è sempre la maratona, fa capire come proprio questa disciplina, da cui forse nacque tutto lo sport mondiale grazie a Filippide, è quella più dura dell’atletica antica e moderna. Basti ricordare che proprio l’eroe Filippide, secondo la leggenda che è giunta ai giorni nostri e che è difficile da smentire, giunto nell’Acropoli di Atene per portare la lieta novella della vittoria dei Greci sui Persiani, morì.


Possiamo quindi stabilire che Filippide fu il primo atleta deceduto in conseguenza ad una corsa? Bèh, direi proprio di si.

Statua di Filippide a Maratona

Tornando a noi, il protagonista della nostra storia è Dorando Pietri e non Petri come impropriamente viene spesso chiamato e scritto, un tarchiato ometto nato nel 1885 da Desiderio, che si trasferì con tutta la famiglia a Carpi per aprire un negozio di frutta.

Naturalmente erano anni eroici, in cui si doveva cercare di sfamare le famiglie e tutti i figli abili venivano arruolati nelle più disparate attività lavorative, senza tener troppo conto dell’età e del diritto al gioco che questi avevano.


Anche Dorando iniziò a lavorare come garzone di pasticceria ed a tutto pensava tranne che sarebbe diventato, con l’alba degli anni ‘900, un protagonista dello sport mondiale dell’epoca e che la sua storia si sarebbe tramandata ai posteri per essere rinvangata ogni qual volta che si avvicina l’evento olimpico.


Certo la storia è trita e ritrita, ma penso che sia una forma di rispetto per il personaggio,  quella di ricordarla sempre nella speranza che i piccoli atleti che si affacciano a qualsiasi sport prendano esempio dalla faccia stravolta dalla fatica del povero Dorando e si convincano che per vincere nello sport bisogna fare solo sacrifici senza ricorrere alle “bombe” alla Fantozzi, come purtroppo invece accade sempre più spesso, ed è argomento di estrema attualità quella sul cosiddetto "Doping di Stato" che ha coinvolto la Federazione Russa, ma senza dimenticare i particolari e pericolosi trattamenti a cui le atlete della Germania dell’Est e di tutto il blocco del patto di Varsavia erano sottoposte.


Ma tornando a Dorando,  la leggenda narra che si scoprì atleta per seguire la gara di un suo idolo, tale Pericle Pagliari, famoso podista che nel 1904 partecipò ad una gara proprio a Carpi, tenendone il passo fino all’arrivo vestito ancora con gli abiti da lavoro.

La prima gara ufficiale al quale partecipò nella città di a Bologna sulla distanza dei 3000 metri,  lo vide arrivare al secondo posto ma al di la del piazzamento, ormai,  la sua strada era segnata.


Nel 1905 iniziò a vincere in Italia ed all’estero prendendosi lo scalpo della 30 km di Parigi giungendo 6 minuti prima del secondo; poi vinse la maratona di qualificazione ai giochi intermedi del 1906 che si sarebbero svolti ad Atene dove, purtroppo, per problemi intestinali si dovette ritirare quando era primo con oltre 5 minuti di vantaggio sul secondo.

Ormai Dorando Pietri era il top sia in Italia, dove non aveva rivali, che in ambito europeo dove in pochi riuscivano a stargli vicino.  Siamo ormai arrivati per inerzia alla soglia delle Olimpiadi Londra, nel  1908.


Dorando con il suo pettorale numero 19 partì insieme ad altri 55 atleti, non pochi per l’epoca, dal suggestivo Windsor’s Castle, e dopo essersi mantenuto in gruppo, decise che è ora di attaccare e fino all’ultimo chilometro andò tutto per il meglio con gli avversari ampiamente staccati.


Ma proprio quando il più sembrava fatto le forze sparirono, gli zuccheri furono completamente prosciugati e il fisico minuto cominciò ad allontanarsi dalla mente dell’atleta che si trasfigurò e vide i suoi 159 cm barcollare lungo il tracciato, cadere 5 volte in terra ma avendo sempre la voglia di rialzarsi e, sorretto dai giudici, tagliò il traguardo per poi stramazzare di nuovo al suolo ed essere portato fuori dallo stadio in barella. 
 
Ogni commento a questa foto sarebbe superfluo


L’entità dello sforzo si può misurare considerando che per fare gli ultimi 500 metri Dorando Pietri ci mise 10 minuti e arrivò comunque primo davanti allo statunitense Johnny Hayes.

Il podista Johnny Hayes con il pettorale 26 che si fregiò del titolo olimpico a discapito di Dorando Pietri


Gli Americani, che di certo non si limitarono a guardare il risultato che il campo di gara diede e cioè che tra Hayes e Pietri non c’era gara, fecero ricorso e la giuria non potè fare altro che squalificare l’atleta italiano, dando la medaglia d’oro all’americano.

Chi vuole capire come può una sconfitta portare una celebrità assoluta può prendere il caso di Dorando Pietri come esempio principe, come il più grande “perdente di successo”.

Nell’ordine, dopo la sua squalifica avvennero i seguenti fatti:


-     -  la Regina Alessandra di Danimarca, moglie di Edoardo VII d’Inghilterra, premiò Dorando con una coppa d’argento dorato, unico caso nella storia delle Olimpiadi nel quale venne assegnato un premio ad un atleta non arrivato a podio;

-      -  il celebre scrittore Sir Arthur Conan Doyle, il padre di "Scherlock Holmes'',  che doveva scrivere un articolo per il rinomato Daily Mail concluse il pezzo con una sorta di consacrazione per Pietri: « La grande impresa dell'italiano non potrà mai essere cancellata dagli archivi dello sport, qualunque possa essere la decisione dei giudici. »;

-     - lo stesso Doyle propose una sottoscrizione, sempre a mezzo del Mail,  per raccogliere fondi per permettere all’atleta emiliano di aprire una panetteria in Italia; vennero raccolte 300 sterline dell’epoca (cifra astronomica);

-       - il compositore Irving Berlin, definito come “La musica Americana”, rimase talmente affascinato dal racconto che compose una canzone ispirata al fatto intitolandola “Dorando”;

-       - in ultima analisi il garzone di bottega cominciò ad essere invitato a numerose gare esibizioni negli States riscuotendo lauti ingaggi.


 Ma siccome il tempo è galantuomo al prode Dorando venne offerta la possibilità di rigareggiare contro chi, a detta di tutti, si era fregiato del titolo di Campione Olimpico della Maratona.

Il 25 novembre del 1908, al glorioso Madison Square garden di New York, nella tana del lupo, venne corsa una maratona su pista (ben 262 giri) davanti a 20000 persone acclamanti e per lo più italo-americane, che alla fine vide prevalere, come giusto che fosse, il nostro atleta.


Il 15 Marzo 1909 fu disputata la bella sempre negli Stati Uniti e che vide prevalere di nuovo l’italiano.



L’ultima maratona Dorando Pietri la disputò a Buenos Aires il 24 Maggio 1910 dove stabilì il proprio primato personale in 2h38’48’.

Dopo aver guadagnato fior di quattrini per l’epoca, si parla di circa 200.000 Lire, Pietri provò ad esercitare la professione di imprenditore, ma il talento che aveva nella corsa non lo assistette nella vita imprenditoriale.


Dopo il fallimento di un albergo che aveva aperto insieme al fratello a Carpi, nel 1923 si trasferì a Sanremo dove il 7 Febbraio 1942 lo colse un infarto che lo strappò alla vita a soli 56 anni.

Il ricordo di Dorando Pietri vive nella coppa che ricevette dalla Regina Alessandra che è tutt’oggi custodita dalla Società Ginnastica La Patria 1879 in una cassetta di sicurezza della filiale Unicredit di Carpi che si trova nello stesso palazzo che una volta fu il ”Grand Hotel Dorando”.

 
La Coppa "risarcimento" donata a Dorando dalla Regina Alessandra di Danimarca


Insomma il cerchio si chiude da dove tutto è partito e penso che questo personaggio poco appariscente e alla fine poco fortunato, meriti che gli sportivi di tutta Italia, ma anche del resto del mondo, lo ricordino con affetto e con il rispetto che merita un vero atleta, un atleta che prima di pensare ai soldi pensava a come poter sostentare la famiglia onorando sempre il proprio paese nei suoi viaggi in giro per l’Europa e per il mondo, facendo la cosa che più amava: correre.

 
Statua dedicata dal Comune di Carpi al figliol prodigo






Fabrizio Roscitano.






                                                                                          
                                                                                                                                                       




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